Abbiamo deciso di ritornare sul tema e-commerce considerando le nuove normative, procedure ed infrastrutture. Nulla va a sostituire però una consulenza 1-2-1, dove vengono trattate le esigenze nello specifico.
Questo articolo si rivolge a chi potenzialmente ha già un’attività di e-commerce e ha bisogno di rispondere ad una domanda precisa: conviene spostarsi a Dubai?
Premessa: se si vive in Italia, si ha residenza fiscale in Italia, non basta aprire una società all’estero (in particolare a Dubai) per non pagare le tasse italiane. Anzi questo rischia di far incappare in un possibile reato di estero vestizione. Al tempo stesso aprire una società all’estero (in particolare Dubai) non vuol dire necessariamente essere un evasore fiscale. La cosa importante è non improvvisare.
Inoltre bisogna fare attenzione alle tante informazioni non sempre aggiornate o corrette che si trovano online. Ad esempio l’IVA a Dubai è al 5% (non al 9% come trovato scritto in un articolo su internet) e non tutti ne sono soggetti. Forse, in questo articolo, hanno confuso tra l’Iva e l’aliquota di Corporate Tax (che è al 9%).
C’è stato un periodo in cui era davvero molto semplice gestire il proprio business tra società negli Emirati, con conti correnti completamente digitali (tipo Transferwise – oggi Wise – o Revolut) a partire da 5.000 USD.
Oggi non è più cosi semplice. Innanzitutto per avere un conto corrente aziendale è necessario avere un visto residente (questo comporta una serie di vantaggi addizionali, ma anche costi sensibilmente più alti rispetto alla soluzione senza visto). Inoltre oggi Amazon chiede di avere una Partita Iva in ciascun paese in cui si vuole operare. Questo non vuol dire aprire una società in ogni paese. Anzi una società estera può richiedere la partita Iva in un paese semplicemente registrandosi, ma senza dover avere necessariamente una filiale in loco. In alcuni casi può essere necessario nominare un riferimento in loco (una persona fisica piuttosto che il commercialista di turno); non va aperta per forza una società in quel paese.
La normativa prevede che se vendo prodotti in un paese specifico, devo effettuare la gestione IVA in quel paese. E non farlo vuol dire evadere l’IVA. Se la società ha sede – ad esempio – negli Emirati Arabi, sarà lì che andrà gestita la fiscalità in termini di profitti. Al momento non sono previste ancora tasse sui profitti. Anche qui attenzione: se si è italiani o residenti fiscalmente in Italia, si sarà sempre soggetti alla tasse italiane finché non si sposta la residenza. Invitiamo ad approfondire la situazione specifica in consulenza.
A Dubai è prevista un’aliquota IVA al 5%, ma solo per chi lavora con il mercato locale e per chi supera una certa soglia di fatturato locale (circa 100,000 USD). In pratica se non si lavora con il mercato locale non si è soggetti ad IVA.
A proposito di mercato locale, una doppia considerazione. Se si è una realtà consolidata, ma non si ha intenzione di spostarsi almeno per ora a Dubai, si può considerare di aprire una società qui per gestire il mercato dell’area del Medio ed Estremo Oriente. Strategia perfettamente legale, in cui la società di Dubai viene regolarmente dichiarata in Italia. Dall’altro lato spostarsi negli Emirati potrebbe rappresentare proprio una sede strategica per i tanti vantaggi, anche se non si lavora con il territorio. Perché il mercato interessante qui è relativamente ridotto: parliamo di 9 milioni di persone ma circa il 15% ha una capacità di spesa interessante. In molti vogliono aprire una società solo per vendere “a Dubai” il prodotto del secolo… fermo restando che il prodotto del secolo magari non è proprio tale.
Dubai è un’ottimale base logistica, ma non sempre un mercato finale interessante.
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